martedì, novembre 08, 2011

Opravdu?

Se torno a casa in una giornata invernale, mi aspetti?
Se torno nella Città, quella con la C maiuscola, quella fredda ma che col suo grigio intimamente ti riscalda, mi vieni a prendere in stazione?
Dimmi di si, oh, ti prego. Abbracciami come fai sempre e portami mano nella mano verso la metro - che poi, per arrivare da te, che linea si prende? E a che fermata si scende? Anzi no, zitto, non dirmelo. Guidami in silenzio, schiudi le labbra solo per chiamare timidamente il mio nome, muovi le mani solo per circondare le mie spalle ampie dai nei labirintici. Fammi entrare in carrozza, fammi tenere ai tubi come fanno i bambini esaltati e poi sorridi, che dopotutto manca poco a Natale. Cullami mentre percorriamo i marciapiedi che ci separano dal tuo appartamento, spingimi sulle scale tirate a lucido, gira le chiavi nella toppa.

Vorrei dirti che ti sogno quasi tutte le notti
che cerco nei passanti un riflesso del tuo volto
che

martedì, giugno 07, 2011

Zero.

Quattro ore che non sei più qui.
Quattro ore che Trenitalia è complice della tua sparizione forzata.
Quattro ore che sei a casa, che studi per il tuo ultimo esame della specialistica.
Quattro ore che sei con i tuoi, con il tuo cane.
Quattro ore che indossi gli occhiali rettangolari e strizzi gli occhi per leggere meglio.

E qui, nel silenzio della stanza interrotto solo dal rimbalzare dell'acqua contro la riva del canale, ecco, qui di te rimane l'impronta dei tuoi riccioli d'oro sul mio cuscino. Il loro profumo. La traccia del tuo sangue sul muro. Il manifesto della mostra d'arte russa che hai rubato per me.

sabato, maggio 14, 2011

Černobílý

Černobílý è il mio mondo. Non chiedetemi altro.

-4

lunedì, aprile 11, 2011

Famous.

In riva al mare sciogli i capelli e mi porgi il tuo elastico nero, impregnato del tuo profumo.
Ti sciogli i capelli, e fai sciogliere me.

giovedì, marzo 24, 2011

For Tomorrow.

Di questa stagione, come sempre d'altronde, Venezia è molto ventosa. La brezza che soffia dal mare ti scompiglia i capelli e ti costringe a mettere il cappuccio, facendoti assomigliare ad un esploratore pronto a sfidare i ghiacci dell'Artico. Ma non c'è traccia di ghiaccio nei tuoi occhi che racchiudono tutti i colori di un autunno ormai finito, che ha ceduto il passo ad un gelido inverno e ad una primavera imminente. Un autunno in cui ancora non ci conoscevamo, in cui dubitavo tanto degli altri ma in primo luogo di me stessa: eppure un giorno sei arrivato, sei entrato nel bar universitario col tuo passo deciso ed il tuo sorriso smagliante. Ricordo ancora le parole del tuo -e mio- amico: "aspettiamo un po' che arriva il mio amico A., e poi andiamo a pranzo tutti insieme". E tu che imperterrito continuavi ad elogiare Milito, e io che ti ripetevo che in ceco "to je mi lìto" significa 'mi dispiace' e tu nemmeno volevi crederci: chi l'avrebbe mai detto che mi sarei innamorata di te in maniera così lenta ma inesorabile, come lentamente scorre l'acqua nei canali.

mercoledì, marzo 16, 2011

Selfish Jean.

Ma dimmi, sono io che pecco, o è lui?
Sono io che rovino qualcosa che hai costruito lottando, che credi solido come la roccia, o è lui che mi cerca con quelle sue mani grandi, dure, da musicista, appena dopo che se n'è andato da te?
Sono io che gli accarezzo i capelli sospirando o è lui che irrompe nella mia tranquillità come un fiume che straripa e distrugge gli argini? 
Sono io che mento o è lui che ti nasconde due anni di verità?

mercoledì, marzo 09, 2011

The Sound Of Silence.

In quella fredda mattina di metà febbraio, col cielo plumbeo e l'umidità che si insinuava nelle ossa, quando la pioggia cadeva fine sul mio volto assonnato e l'acqua dei canali veniva increspata da altra acqua, e da altra acqua ancora.
Ho reimparato ad amare la vita.

venerdì, febbraio 25, 2011

Oбновленный.

Caro D.,
sai che, in fondo, avevi ragione tu? Mi riferisco a quella sera di settembre in cui passeggiavamo mano nella mano per il centro di un'anonima cittadina popolata da ancor più anonime persone, quando tu, guardandomi negli occhi, mi dicesti che vivevo più di passato che di futuro.
Io ho sempre guardato con attenzione alle cose accadute, mi hanno sempre affascinato. Se non sbaglio, era una delle molteplici cose che ci ha legato, anche se ufficiosamente, per molto molto tempo. Ci ripenso ora, con una valigia semiaperta su un pavimento gelido e tante speranze: ho una strada (poco)spianata davanti a me, un aereoporto e il futuro che mi aspetta. La vita che mi sono scelta io, per intenderci, in mezzo alla neve e a gente che si esprime tramite 'lingue morte'. Il gusto per l'antico. Tutte cose che non avresti tollerato all'epoca, lo so bene, ma ora?
Certe volte mi soffermo a pensarti, mi domando cosa ne è stato della tua vita, se hai raggiunto la felicità tanto cercata. Sarai ancora in Italia, ti sarai trasferito nella tua piovosa Inghilterra o nella verde Germania dei tuoi genitori? Chissà se rispetterai la tradizione e verrai anche quest'anno a Venezia per il carnevale, chissà se ti riconoscerò anche da mascherato. Chissà, se in quel freddo novembre fossi venuta con te sotto ad un tenue cielo inglese, cosa sarebbe successo.
Dopodomani sarà il tuo compleanno: ventotto anni non si compiono tutti i giorni. Porti ancora il fazzoletto verde? Prendi ancora a Saronno il treno per Milano Cadorna? Ritieni ancora l'italiano la tua quarta lingua, dopo inglese, tedesco e dialétu? Non saresti più tu. Fare gli auguri in anticipo porta sfortuna, e non illuderti: non te li farò nemmeno il giorno giusto, volevo solamente farti sapere che è stata la mia passione per le cose passate, e nient'altro, a far nascere queste parole. Vorrei chiederti anche cosa ci facevi quella sera d'agosto di due anni fa a Roma, in quel locale dove, ironia della sorte, misi piede anche io. La vita è proprio strana, non trovi? Abitare a due paesini di distanza eppure ritrovarsi dall'altra parte della nostra ridente penisola, in una città che hai sempre detestato. Se potessi, ti inviterei qui a Venezia a prendere un tè: ci sono dei localini inglesi deliziosi, sono convinta che ti piacerebbero. All'epoca della nostra relazione avevo sedici anni, quanto tempo è passato? Vorrei dirti che per certi versi sono ancora la ragazza ricciola con un gran sorriso che hai conosciuto quella sera di metà settembre, forse solo con un po' più di indipendenza gentilmente concessami dai miei. E tu? Sei ancora quel ragazzo dai capelli neri e dagli occhi di ghiaccio? Se non avessi un nome tanto comune ti avrei cercato sui miliardi di social network, per curiosità: sai, nell'altra casa ho ancora, da qualche parte, la foto di un piccolo D. di appena sei anni: un amore, non troppo diverso dal D. all'epoca ventiquattrenne che mi aveva completamente catturata. Ma le cose cambiano, e se potessimo parlare ti chiederei di guardare nella mia drammatica confusione e di formulare un responso. Magari attraverso le parole del tuo gruppo preferito, che guarda caso è anche il mio, e che guarda caso ha appena fatto uscire un nuovo disco..
Caro D., scusa la lunghezza di questa mia missiva. Per me è giunto il tempo di chiudere questa maledetta valigia e di partire. Di te voglio portarmi dietro solo le cose belle, quelle che all'epoca mi facevano tanto sorridere. Bada bene, però, che non ho dimenticato nulla: come può il campo dimenticare la furia della tempesta che lo ha irrigato?

martedì, febbraio 22, 2011

Re-offender.

E come te lo dico che in realtà sto ancora male se mi guardi con quegli occhi?
E come te lo dico che la testa mi esplode mentre siamo spensierati sul sedile posteriore?
E come te lo dico che mi sembra tutto un fatale, incombente, tremendo errore, se mi dici che non vorresti essere da nessun'altra parte?
E come te lo dico che non so quello che voglio mentre la pioggia batte sui finestrini della tua macchina nuova?
Paradossalmente, lo scrivo qui. Perchè non ho il coraggio di dirtelo in faccia e so che qui non arriverai mai.

lunedì, gennaio 24, 2011

Liberi tutti.

Ti ho scelto. Tra le decine di persone presenti in quell'aula dove si moriva.
Ti ho scelto, perchè grazie a te sto iniziando a capire molte cose.

giovedì, gennaio 06, 2011

00 Ghost 27

The good old times. Ovvero: avere davanti da ore un libro aperto e perdere il filo, non riuscire a seguire un minimo di discorso. Tenere sulla destra la "lista dei sovrani di Russia" (che nome altisonante) per seguire sempre una linea del tempo, inutilmente.
Perchè cazzo, gli esami sono qui, a giorni, a ore, e io non ho la testa. Non ce l'ho, lo volete capire? Non chiedetemi nulla. Non chiedetemi il perchè, tanto già lo sapete. Tralasciate il fatto che certe cose avevo cercato di dimenticarle, piuttosto ditemi, voi che siete perfetti, che sempre ci riuscite: come fate a dimenticarle? Eh? Non sento! Parlate più forte, suvvia. Smettetela di invidiarmi, di imitarmi, lo volete capire che avete davanti una persona che non ha più un punto di riferimento? Fatemi un favore, acculturatevi un attimo con le memorie del sottosuolo e capirete. E magari arriverete anche a cogliere perchè sto ascoltando canzoni che hanno segnato il mio duemilaotto. E smettetela di dire che Venezia è la città più romantica del mondo, andate a cagare tutti quanti, voi e i vostri capodanni in piazza San Marco 'perchè fanno il bacio più lungo del mondo'. Piantatela con le vostre bocche spalancate di stupore a suon di 'ooh, ma hai una casa tutta per te', la smettete si o no? Venite a lavarmi i calzini piuttosto, idioti. E chiamate l'unica persona che vorrei che mi ascoltasse e che non mi ascolta, ditele che è una persona vuota. Che mi fa saltare i nervi. E che non l'aspetterò in eterno. E di mandarmi un cavolo di sms che sono giorni che aspetto. E poi dite a quella stronza della docente di russo di mettere fuori anche la data del secondo appello, che non siamo tutti qui ad aspettare i suoi comodi di vecchia gattara.