Il cielo era grigio, le nuvole pesanti e colme di neve, il vento gelido sferzava i volti. I finestrini della macchina erano tutti appannati a causa dei nostri respiri, in quello spiazzo in cui nessuno poteva vederci. Ma da lì noi potevamo vedere tutto: le cime degli alberi, le montagne innevate, il lago increspato. Faceva freddo, e noi lì, a bere tè bollente su quel sedile posteriore, a fare i disegnini con le dita sui vetri appannati, a sorridere con gli occhi prima che con le labbra, invisibili sotto le nostre sciarpe pesanti. Sotto al plaid pesante, mentre i nostri respiri formavano delle nuovolette bianche al sapore di tè alla cannella.
Faceva freddo, ma a noi non importava. E sotto al maglione, alla giacca pesante, ai guanti, sotto al rossore delle nostre guance e delle nostre mani, noi immaginavamo la Francia. Un paesino a sud di Parigi, un caminetto caldo, una coperta. Leggere un buon libro, apprezzare la musicalità delle parole. Correre tra le foglie rosse del tardo autunno. La semplicità delle piccole cose ordinarie, di una cioccolata calda, della canzone giusta al momento giusto. Eppure quel pomeriggio eravamo lì, in quella radura da cui godevamo di un panorama mozzafiato, a guardarci negli occhi, a preoccuparci della punta del naso gelata. Non c'era la Francia e nemmeno la cioccolata, non c'era il caminetto ed in quella macchina si gelava. Ma, nonostante tutto, noi immaginavamo di essere altrove, di immergere le nostre labbra in altre tazze bollenti, di sentire altri venti sibilare attraverso le foglie degli alberi.